Archivi tag: Nerone

Nascita di Otone (28 aprile 32 d.C.)

Il futuro imperatore Marco Salvio Otone nacque, da una famiglia appartenente in origine all’ordine equestre, il 28 aprile del 32 d.C., sotto il consolato di Camillo Arrunzio e Domizio Enobarbo. I suoi antenati erano originari di Ferento, e appartenevano ad una delle più antiche e nobili famiglie dell’Etruria ¹.

Busto di Otone

Il primo della sua famiglia a fare carriera politica fu suo nonno Marco Salvio Otone, che divenne senatore grazie all’interessamento di Livia, la moglie di Augusto, nella cui casa era cresciuto, ma che non andò oltre la carica di pretore. Suo padre, Lucio Otone, era imparentato per parte di madre con parecchie delle più importanti famiglie romane, e pare che fosse così somigliante all’imperatore Tiberio, che molti lo credevano suo figlio. Lucio Otone rivestì con estremo rigore le magistrature urbane e il proconsolato d’Africa ed entrò nelle grazie di Claudio scoprendo una congiura ordita da un cavaliere romano per assassinarlo. Come ringraziamento, Claudio lo ammise tra i patrizi e il Senato gli fece erigere una statua sul Palatino. Dal matrimonio con la nobildonna Albia Terenzia, Lucio Otone ebbe due figli maschi, Tiziano e il nostro Marco, ed una femmina, che diede in sposa a Druso, il figlio di Germanico.

Il giovane Marco Salvio Otone non possedeva però il rigore morale del padre; fin da ragazzo ebbe un carattere turbolento ed incline al lusso, destando le ire di Lucio che sovente lo prendeva a nerbate. Si diceva che di notte vagasse per le strade, divertendosi a far cadere i passanti ubriachi che passavano sul suo mantello disteso a terra. Il giovane Otone era attirato dalla dorata vita di palazzo e non pensava ad altro che a trovare il modo di farne parte. Dopo la morte del padre, ebbe finalmente la libertà di agire; finse di essere innamorato di un’anziana liberta imperiale, che frequentava abitualmente il Palazzo e che lo introdusse alla corte di Nerone, di cui divenne ben presto intimo amico, per una certa affinità di carattere o, come si malignava, perché ne era l’amante ².

otone Louvre
Statua di Otone in nudità eroica, Museo del Louvre, Parigi

L’amicizia tra Nerone e Otone era così profonda che il principe gli confidò anche il proposito di voler uccidere la madre Agrippina. Ma anche questo legame così stretto andò in crisi, come spesso accade, a causa di una donna.

Viveva a Roma Poppea Sabina, una donna di grande bellezza e fascino, proveniente da una famiglia di dignità consolare. Poppea era una donna ambiziosa e senza scrupoli, decisa a sfruttare tutte le sue doti naturali a proprio vantaggio. Si raccontava che uscisse raramente in pubblico e che, quando lo faceva, tenesse una parte del volto coperta da un velo, sia per non esporsi agli sguardi altrui, che per apparire più affascinante. Il giovane e dissoluto Otone ne fu colpito ed iniziò a farle una corte serrata; Poppea, che era sposata con Rufrio Crispino, un cavaliere romano, si lasciò sedurre perché era al corrente dell’intima amicizia che legava Otone e Nerone. Ottenuto il divorzio dal marito, Poppea sposò immediatamente Otone.

Quando parlava con Nerone, Otone non perdeva occasione per lodare la bellezza e l’eleganza della moglie. Non sappiamo cosa avesse in mente: forse l’amore per Poppea l’aveva accecato e reso imprudente, oppure intendeva utilizzare la moglie per accrescere la sua influenza sul principe, facendone l’amante.

Poppea Sabina
Ritratto di Poppea Sabina, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo, Roma

Allo stesso tempo Poppea, ormai introdotta stabilmente a corte, esercitava tutte le sue arti per accrescere il desiderio di Nerone, non mostrandosi insensibile alle attenzioni del principe ma, a parole, manifestando la sua fedeltà ad Otone. Quali che fossero i piani di Otone, Nerone iniziò a percepirlo come un rivale e a trattarlo con più freddezza, fino ad escluderlo dal suo seguito. Poi, per liberarsene senza spargimento di sangue, lo inviò nel 58 come prefetto in Lusitania, trattenendo Poppea come amante presso di sé.

Otone rimase in Lusitania per i successivi dieci anni esercitando la sua attività di governatore con integrità e saggezza, a dispetto della vita dissoluta e sregolata che aveva condotto sino a quel momento ³. Soddisfatto per aver salvato la vita, non rinunciò a nutrire però propositi di vendetta, che si concretizzarono quando, il 2 aprile del 68, Sulpicio Galba, il governatore della Hispania Tarraconensis, si ribellò a Nerone, proclamandosi rappresentante del Senato e del Popolo Romano. Otone fu tra i primi ad appoggiare il settantenne Galba, forse perché aveva intuito la possibilità di diventare principe a sua volta. Infatti, un astrologo di nome Seleuco, che in passato gli aveva predetto che sarebbe sopravvissuto a Nerone, era da poco ricomparso inaspettatamente per annunciargli che sarebbe divenuto imperatore in breve tempo ⁴.

La previsione si avvererà, ma Otone morirà suicida a Brixellum il 17 aprile del 69 d.C., all’età di trentasette anni, dopo solo novantadue giorni di regno.

NOTE

¹ Svetonio (Otone, 1)

² Svetonio (Otone, 2)

³ Tacito (Annales, XIII, 45-46)

⁴ Svetonio (Otone, 4)

Morte di Britannico (11 febbraio 55 d.C.)

L’11 febbraio del 55 d.C., Tiberio Claudio Cesare Germanico Britannico, figlio dell’imperatore Claudio e di Valeria Messalina, a soli tredici anni moriva avvelenato a Roma, durante un banchetto a cui partecipava insieme a Nerone.

7796877908_fc82b1fc24_h
Ritratto di Britannico, Musei Vaticani

Pochi mesi dopo la morte di Claudio e la proclamazione di Nerone, i rapporti tra il giovane principe e la madre Agrippina avevano già iniziato a deteriorarsi. Da una parte, il prefetto del pretorio Afranio Burro e il filosofo Anneo Seneca, che esercitavano un notevole controllo sulle decisioni politiche di Nerone, cercavano di limitare l’influenza di Agrippina sul figlio e dall’altra, il diciassettenne Nerone si era innamorato follemente di una liberta di nome Atte, con la quale dava sfogo alla sua passione amorosa, mentre invece ignorava sua moglie Ottavia.

La situazione si aggravò ulteriormente quando Nerone tolse al potente liberto Pallante, da anni amante e alleato di Agrippina, la carica di a rationibus, l’amministrazione delle finanze imperiali, una carica che rivestiva fin dai tempi di Claudio ¹.

Agrippina, messa da parte da Nerone, perse il controllo; iniziò a dire che Britannico, vero figlio di Claudio, stava ormai per divenire adulto e che era degno di succedere al padre; inoltre, non esitava a rinfacciare a Nerone che, se siedeva sul trono, lo doveva solo ai suoi intrighi, che la avevano portata prima a sposare Claudio e poi ad avvelenarlo. Arrivò a gridare in faccia al figlio:

Sono stata io a farti diventare imperatore” ².

Infine, disse che sarebbe stata disposta anche a recarsi con Britannico nella caserma dei pretoriani per far valere le pretese del figlio di Claudio ³.

NeroAgrippina1
Nerone e Agrippina, bassorilievo dal Sebasteion di Afrodisia, Museo Archeologico di Afrodisia

Nerone si mostrava sempre più preoccupato. Si avvicinava il giorno in cui Britannico, al compimento del quattordicesimo anno, avrebbe rivestito la toga virile, entrando così nella maggiore età. Il giovane figlio di Claudio era benvoluto e suscitava le simpatie di tutti per la sua mitezza. Inoltre, uno sgradevole episodio avvenuto nel mese di dicembre del 54, durante i Saturnali, aveva irritato molto il principe. Era accaduto che, nei consueti giochi di corte tra coetanei, Nerone era stato eletto re dei Saturnali e, con l’intenzione di umiliare Britannico, gli aveva ordinato di andare in mezzo alla sala e di cantare. Con grande costernazione di Nerone, Britannico non si era imbarazzato più di tanto, e aveva intonato un canto nel quale si alludeva alla sua cacciata dal trono paterno e alla perdita del potere ⁴. Ne era seguita, tra i presenti, un’aperta manifestazione di compianto e solidarietà nei confronti del ragazzo, mentre Nerone sentiva crescere l’ostilità generale nei suoi confronti.

A questo punto, per Nerone sarebbe però stato impossibile ordinare apertamente l’uccisione di Britannico, senza sollevare una violenta reazione pubblica. Era quindi necessario fare in modo che la sua morte sembrasse accidentale, e il metodo più sicuro era l’avvelenamento.

6724301559_bb2d6980d9_b (1)
Statua di Britannico in toga, Musei Vaticani 

Ancora una volta, si fece ricorso ai mortali talenti dell’avvelenatrice Locusta, che aveva aiutato Agrippina ad eliminare Claudio e che ora si trovava sotto la sorveglianza di Pollione Giulio, un tribuno dei pretoriani. Nerone, nel frattempo, aveva piazzato uomini a lui fedeli accanto a Britannico, facendo terra bruciata intorno al ragazzo. Ed infatti, il primo tentativo di eliminare il figlio di Claudio fu posto in essere proprio dalle persone che ne dovevano curare l’educazione.

“La prima volta, Britannico ricevette il veleno dagli stessi pedagoghi, ma se ne liberò con una evacuazione intestinale, sia che il tossico fosse poco violento, sia perché fosse stato diluito per evitare che producesse un effetto immediato” ⁵.

Venuto a sapere che il veleno aveva avuto un effetto solo purgativo, Nerone andò su tutte le furie; convocò Pollione e Locusta e bastonò la donna con le proprie mani accusandola di avergli fornito una medicina e non un veleno ⁶. Lei si scusò dicendo di averne preparata una dose troppo blanda per evitare che fosse palese l’avvelenamento. Quindi, Nerone costrinse Locusta a preparare davanti ai suoi occhi un nuovo veleno, più rapido ed efficace, che provò su un capretto; poiché dopo cinque ore il veleno non aveva ancora ucciso l’animale, Nerone lo fece ancora modificare e somministrare a un maialino, che stavolta stramazzò subito al suolo.

4642580674_5bd667a7fe_b
Ritratto di un giovane Nerone, Museo  Nazionale Romano, Palazzo Massimo, Roma 

Era l’11 febbraio del 55 d.C.; quella sera, a cena nel triclinio, Britannico sedeva insieme ad altri coetanei, tra cui il suo fraterno amico e futuro imperatore Tito, ad una tavola separata da quella degli adulti. Poiché era consuetudine che un servo assaggiasse prima i cibi e le bevande, proprio per evitare che venissero servite pietanze avvelenate, si ricorse ad uno spietato trucco.

Si fece portare a Britannico una bevanda innocua, ma caldissima, che in precedenza era già stata assaggiata dal servitore. Britannico ovviamente la respinse per l’eccessivo calore e, per raffreddarla, vi fu versata dell’acqua ghiacciata a cui era stato miscelato il veleno. Appena Britannico bevve il liquido, il veleno gli si diffuse rapidamente nel corpo e lo uccise senza neppure dargli il tempo di proferire parola. Si disse in seguito che anche Tito, per aver appena assaggiato la mortale bevanda, si sentì male e si riprese solo dopo molti giorni ⁷.

I commensali furono presi dal panico; alcuni si dileguarono, mentre quelli più scaltri rimasero immobili fissando Nerone con sguardo accusatorio. Nerone continuava a stare mollemente sdraiato con l’aria di non saperne nulla e diceva che si trattava del solito attacco di epilessia, di cui fin da bambino Britannico soffriva, e che si sarebbe ripreso in pochi minuti. Nerone lo fece portare via su una lettiga, ma Britannico non si riprese ovviamente più. Agrippina capì subito cosa era successo, ma il terrore dipinto sul suo volto rendeva palese che era all’oscuro del complotto. In pochi istanti aveva perso l’unica carta da giocare per continuare a tenere sotto controllo suo figlio. Ottavia, la sorella di Britannico, vide il fratello morire davanti ai suoi occhi ma, nonostante la giovane età, ebbe la forza di mantenersi fredda e di dissimulare il dolore, per evitare di attirarsi l’odio del consorte. Così, interrotto da un breve silenzio, il banchetto riprese come se nulla fosse successo.

20200211_002907
Busto di Britannico, Galleria degli Uffizi, Firenze

La stessa notte della sua morte, Britannico fu anche arso sul rogo funebre; poiché la sua pelle era diventata livida, forse per effetto del veleno, Nerone la fece cospargere con del gesso, per nascondere i sintomi dell’avvelenamento. Ma, mentre il corpo di Britannico veniva condotto su una lettiga scoperta attraverso il Foro, si scatenò una pioggia torrenziale, che lavò via il gesso ancora umido dal viso del ragazzo ⁸, cosicché il delitto fu evidente a chi poté assistere al suo passaggio. Dopo modeste onoranze funebri, Britannico fu sepolto, quasi di nascosto, nel Campo Marzio. Nerone, con un editto, tentò di giustificare la fretta con cui si erano svolti i funerali, adducendo come scusa una antica tradizione per cui si sottraevano allo sguardo della folla le esequie dei morti prematuramente, senza tenere neppure il consueto elogio funebre.

Come premio per i suoi servizi, Nerone concesse a Locusta l’impunità per il delitto, vasti poderi e persino dei discepoli ⁹. Burro e Seneca, dopo la morte di Britannico, per non irritare il principe e salvare sé stessi, ritennero opportuno limitarsi a gestire gli affari di stato con una certa moderazione. Solo pochi anni dopo, anche Agrippina fece le spese della crudeltà di suo figlio, che le doveva tutto ma che non esitò a farla uccidere nel marzo del 59.

NOTE

¹ Tacito (Annales, XIII, 14, 1)

² Cassio Dione (Storia Romana, LXI, 7, 3)

³ Tacito (Annales, XIII, 14, 2-3)

⁴ Tacito (Annales, XIII, 15, 2)

⁵ Tacito (Annales, XIII, 15, 4)

⁶ Svetonio (Nerone, 33)

⁷ Svetonio (Tito, 2)

⁸ Cassio Dione (Storia Romana, LXI, 7, 4)

⁹ Svetonio (Nerone, 33)

Nascita di Tito (30 dicembre 39 d.C.)

Tito Flavio Vespasiano nacque il 30 dicembre del 39 d.C., in una umile casa vicino al Settizonio. Era figlio di Vespasiano e di Flavia Domitilla, figlia a sua volta di Flavio Liberale di Ferento, un semplice scriba di un questore. Prima di sposare Vespasiano, Flavia Domitilla era stata la concubina di Statilio Capella, un cavaliere romano di Sabrata, in Africa ¹. Fu educato a corte insieme a Nerone e Britannico e seguì con quest’ultimo gli stessi studi e gli stessi maestri.

20191227_235838
Statua di Tito, Musei Vaticani

Si raccontava che, in quel periodo, un fisionomista chiamato da Narciso, il potente liberto di Claudio, a studiare il volto di Britannico, avesse affermato che questi non aveva nessuna probabilità di diventare imperatore mentre lo sarebbe certamente diventato Tito, che era presente ².

L’amicizia con Britannico rischiò di costare a Tito una fine precoce. Si tramandava, infatti, che Tito si ammalò per aver assaggiato la bevanda con cui Britannico fu fatto avvelenare da Agrippina nel corso di un banchetto, per eliminare uno scomodo rivale per Nerone ². In memoria di questa amicizia con lo sfortunato figlio di Claudio, che perdurò oltre la morte, Tito dedicò a Britannico una statua d’oro nel Palazzo e una equestre in avorio, che veniva portata in processione nel Circo ².

20191228_001658
Ritratto di Tito da giovane, Museo e Galleria di Villa Borghese, Roma

Fin da bambino manifestò le qualità che in seguito brillarono in lui. Aveva una notevole memoria e la capacità di apprendere tutte le arti, di pace e di guerra. Abilissimo a comporre discorsi, anche improvvisandoli, e poesie in latino e greco, era anche un pregevole musicista: suonava perfettamente la lira e cantava piacevolmente. Stenografava con estrema velocità ed era in grado di imitare la scrittura di chiunque. Eccelleva anche nell’arte della guerra, nel maneggiare le armi e padroneggiare i cavalli ³.

Dopo aver indossato la toga virile, prestò servizio militare come tribuno laticlavio, in Germania e Britannia, lasciando un ottimo ricordo per le sue capacità e la sua modestia ⁴. Fu solo l’inizio di una straordinaria carriera militare che ebbe il suo culmine con la conquista di Gerusalemme nel 70 d.C.

NOTE

¹ Svetonio (Vespasiano, 3)

² Svetonio (Tito, 2)

³ Svetonio (Tito, 3)

⁴ Svetonio (Tito, 4)

Nascita di Galba (24 dicembre 3 a.C.)

Servio Sulpicio Galba nacque il 24 dicembre del 3 a.C., sotto il consolato di Marco Valerio Messalla e Lucio Cornelio Lentulo ¹. Venne alla luce in una villa posta su un colle vicino a Terracina. Discendeva da un’antica e nobile famiglia di immensa ricchezza, quella dei Sulpici, che vantava molti illustri antenati.

Suo padre Gaio Sulpicio Galba era piccolo di statura e un po’ gobbo; dopo essere stato console nel 5 a.C., svolse una grande attività come avvocato ed ebbe due mogli. Dalla prima moglie, Mummia Acaica, ebbe due figli: Gaio e il nostro Servio. Il maggiore, Gaio, dilapidò il suo patrimonio e, allontanatosi da Roma, si suicidò quando Tiberio gli vietò di partecipare al sorteggio per il proconsolato nell’anno in cui gli sarebbe spettato di diritto ².

Male portrait restored as Galba. Musei capitolini, Palazzo dei Conservatori.
Ritratto di Galba, Musei Capitolini, Roma

La seconda moglie, Livia Ocellina, una donna ricchissima e bella, era così innamorata della nobiltà del padre di Servio che non lo rifiutò neppure quando lui, non volendola ingannare nascondendole il suo aspetto fisico, le mostrò il suo corpo deforme spogliandosi in una stanza davanti ai suoi occhi.

Quando venne adottato dalla matrigna Livia Ocellina, il giovane Servio prese il nome del padre di lei, divenendo Lucio Livio Ocellario Sulpicio Galba. Solo dopo l’ascesa al trono tornò a chiamarsi Servio Sulpicio Galba.

Quando era ancora bambino, venne portato con altri coetanei a salutare l’anziano Augusto e questi, dopo averlo accarezzato sulla guancia, gli disse scherzosamente:

Anche tu, bambino, gusterai del nostro potere!” ³

Ebbe una particolare venerazione per Livia Drusilla, la moglie di Augusto. L’anziana imperatrice lo riempì di favori da viva e, nel suo testamento, lo nominò primo fra i legatari, destinandogli un lascito di cinquanta milioni di sesterzi. Ma poiché la somma era stata indicata in cifre e non a piene lettere, il suo erede Tiberio la ridusse a cinquecentomila sesterzi e non gli fece avere nemmeno quelli ⁴.

20191223_125531
Ritratto di Galba, Gustav III’s Museum of Antiquities, Stoccolma

In seguito, a chi gli riferiva che era stato predetto che Galba sarebbe diventato imperatore, ma da vecchio, Tiberio rispondeva:

Viva pure, dal momento che la cosa non mi riguarda affatto” ⁵

Si raccontava che, dopo aver assunto la toga virile, Galba sognò la dea Fortuna che gli diceva di essere stanca di stare in piedi davanti alla sua porta e che, se non l’avesse fatta entrare presto, sarebbe stata preda di chiunque l’avesse trovata per la via. Al suo risveglio Galba, aprendo la porta, trovò vicino alla soglia una statua di bronzo di quella dea alta mezzo metro e la portò, tenendola stretta tra le braccia, fino alla sua villa di Tuscolo dove era solito passare l’estate tutti i mesi, offrendole preghiere e ogni anno una veglia nella parte della casa a lei dedicata ⁶.

2394-original
Sesterzio di Galba

Un giorno, mentre un suo avo stava facendo un sacrificio propiziatorio, un’aquila gli aveva rubato dalle mani le viscere della vittima e le aveva portate su di una quercia carica di frutti; un indovino gli aveva allora predetto che, col tempo, la famiglia dei Sulpici sarebbe arrivata al potere e quello, incredulo, aveva risposto:

Si, dopo che una mula avrà partorito!” ⁷

Eppure, molti anni dopo, quando iniziarono le ribellioni delle legioni contro Nerone, si verificò il prodigio che una mula partorì veramente; Galba, che era governatore  della Hispania Tarraconensis, si ricordò allora delle parole dell’avo e lo considerò un lieto presagio che si avverò subito dopo la morte di Nerone.

NOTE

¹ Svetonio (Galba, 4)

² Svetonio (Galba, 3)

³ Svetonio (Galba, 4)

⁴ Svetonio (Galba, 5)

⁵ Svetonio (Galba, 4)

⁶ Svetonio (Galba, 4)

⁷ il mulo è un ibrido frutto dell’incrocio tra una cavalla e un asino. La mula è sterile nella grande maggioranza dei casi.

Nascita di Nerone (15 dicembre 37 d.C.)

Il 15 dicembre del 37 d.C., al sorgere del sole, nasceva ad Anzio ¹ Lucio Domizio Enobarbo, meglio noto in seguito come Nerone, ultimo esponente della dinastia Giulio-Claudia. Sua madre era Agrippina minore (15 – 59 d.C.), figlia di Germanico e di Agrippina maggiore e sorella di Caligola. Suo padre era invece Gneo Domizio Enobarbo, appartenente al ramo degli Enobarbi dell’antica e nobile gens Domizia.

DyID4_EXQAAhYj0
Particolare della statua di un giovane Nerone in toga (50 d.C. circa), Museo del Louvre, Parigi

A questo proposito, si tramandava che l’origine del cognome Enobarbo (barba rossa) risalisse al capostipite Lucio Domizio a cui, nel 496 a.C., mentre tornava dai campi, Castore e Polluce annunciarono la vittoria romana nella battaglia del lago Regillo. Per provare la loro divinità al perplesso Lucio Domizio, i Dioscuri gli avrebbero accarezzato la barba, mutandone il colore da nero in rosso ramato. Da allora, quasi tutti i suoi discendenti ebbero la barba di quel particolare colore ².

Tornando a Gneo Domizio, il padre del futuro Nerone era un uomo detestabile sotto ogni punto di vista, violento e arrogante. Uccise un suo liberto perché si era rifiutato di bere ciò che gli aveva ordinato, travolse di proposito col cavallo un fanciullo che stava attraversando la via Appia e cavò un occhio nel Foro a un cavaliere che lo aveva rimproverato ³. Prima della morte di Tiberio, venne accusato di lesa maestà, di adulterio e di incesto con la propria sorella Domizia Lepida ma sfuggì alla condanna per la morte del principe. Agli amici che si complimentavano con lui per la nascita del piccolo Domizio, rispose che da lui e da Agrippina non poteva che essere nato qualcosa di detestabile e dannoso per tutti ⁴. Morì di idropisia a Pirgi, nel 40 d.C., lasciando sola Agrippina con suo figlio.

16781078052_29effc7eaa_b (1)
Statua di Agrippina Minore, da Ercolano; Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Dopo la nascita del piccolo Domizio, Agrippina interrogò gli indovini sul destino che attendeva suo figlio; essi profetizzarono che il il bambino avrebbe regnato, ma avrebbe anche ucciso sua madre. Agrippina, per nulla preoccupata, rispose:

“Mi uccida, purché regni” ⁵.

Quando Caligola fece relegare Agrippina e sua sorella Giulia Livilla a Pandataria, accusandole di aver congiurato contro di lui, il piccolo Lucio Domizio perse l’eredità paterna, sottrattagli dal principe, e finì per essere allevato a casa della zia Domizia Lepida, dove pare che ebbe come pedagoghi un barbiere e un ballerino.

Dopo la morte di Caligola, Claudio riabilitò Agrippina e Giulia Livilla e le richiamò dall’esilio. Successivamente, nel 41 d.C. Agrippina si risposò con Gaio Sallustio Passieno Crispo, un ricco senatore, che divenne così patrigno di Domizio.

20191214_194004
Ritratto giovanile di Nerone, Romisch-Germanisches Museum, Colonia

Messalina, la moglie di Claudio, giustamente percepiva in Agrippina e Livilla due pericolose rivali nell’ascendente su Claudio; riuscì a far esiliare nuovamente a Pandataria Giulia Livilla, accusandola di adulterio con Seneca e a farla morire di fame sull’isola. Si raccontava anche che Messalina avesse mandato dei sicari per uccidere il figlio di Agrippina mentre faceva il suo sonnellino pomeridiano, ma che questi si fossero dati alla fuga spaventati da un serpente che si era alzato da sotto il cuscino ⁶. Agrippina riuscì invece a passare indenne anche questo difficile periodo, protetta dal secondo marito Crispo, che morì intorno al 47.

7796877908_fc82b1fc24_h
Ritratto di Britannico, Musei Vaticani

La morte di Messalina, nel 48, fu il punto di svolta per Agrippina e il piccolo Domizio. Claudio fu convinto a sposare la nipote e, nel 50, su sollecitazione del liberto Pallante ⁷, ne adottò il figlio undicenne, col nome di Nerone Claudio Cesare, affidandone l’educazione a Seneca ⁸, richiamato appositamente dal suo esilio in Corsica, allo stoico Cheremone di Alessandria e al peripatetico Alessandro Egeo. Insieme al fratellastro Britannico, a nove anni Nerone prese poi parte ai giochi troiani, cavalcando tra gli applausi della folla. Nerone venne educato alla conoscenza di tutte le arti liberali, ma Agrippina lo distolse dalla filosofia, che riteneva inadatta per un futuro imperatore; dal canto suo Seneca non gli fece studiare l’oratoria antica, per plasmare meglio il ragazzo con il suo esempio ⁹. Nerone era invece portato nella composizione delle poesie e amava la pittura e la scultura; ma soprattutto, ricercava la popolarità e voleva rivaleggiare con chiunque godesse del favore della folla.

20191214_190100
Statua di giovane Nerone in toga (circa 50 d.C.), Detroit Institute of Arts

Agrippina fece il possibile per assicurare la successione a Nerone, a discapito del più giovane Britannico, il figlio legittimo di Claudio. L’ultimo passo fu di farlo fidanzare con Ottavia, l’altra figlia di Claudio, dopo averla però fatta adottare da un’altra famiglia, per non dare l’impressione di unire in matrimonio un fratello e una sorella ¹⁰. A quel punto la strada era spianata e non restava che attendere la morte dell’anziano e malaticcio Claudio. Il 13 ottobre del 54, una provvidenziale portata di funghi avvelenati pose fine alla vita di Claudio e permise al sedicenne Nerone, sostenuto dal prefetto del pretorio Afranio Burro, di salire sul trono.

Note

¹ Svetonio (Nerone, 6)

² Svetonio (Nerone, 1)

³ Svetonio (Nerone, 5)

⁴ Svetonio (Nerone, 6)

⁵ Tacito (Annales, XIV, 9, 3)

⁶ Svetonio (Nerone, 6)

⁷ Tacito (Annales, XII, 25, 1-2)

⁸ Dione Cassio (Storia Romana, LX, 32, 3)

⁹ Svetonio (Nerone, 52)

¹⁰ Cassio Dione (Storia Romana, LX, 32, 4)

Dies imperii di Nerone (13 ottobre 54 d.C.)

Il 13 ottobre del 54 d.C., succedendo al suo padre adottivo Claudio, all’età di quasi diciassette anni, saliva sul trono di Roma Nerone Claudio Cesare Druso Germanico, figlio di Domizio Enobarbo e Agrippina, quinto ed ultimo principe della dinastia Giulio-Claudia.

20191013_012028
Statua di Nerone da giovane, Detroit Institute of Arts

Claudio era morto nelle prime ore del mattino; verso la metà del giorno, le porte del palazzo si aprirono e Nerone, in compagnia di Afranio Burro, il prefetto del pretorio, uscì e si diresse verso i pretoriani che erano di guardia. Accolto da applausi augurali, fu fatto salire sulla lettiga e portato al campo pretorio. Si dice che alcuni pretoriani avessero esitato, aspettandosi di veder comparire Britannico, ma finirono ben presto per adattarsi alla situazione.

Nell’accampamento, Nerone pronunciò un’orazione, scritta per lui da Seneca, al termine della quale promise i consueti donativi e, dopo ciò, fu acclamato imperatore. La delibera del Senato si limitò a ratificare l’espressa volontà delle truppe. Il testamento di Claudio non fu invece reso pubblico.

20191013_012557
Ritratto di Agrippina minore, Museo Archeologico di Milano

Nerone sapeva bene che doveva tutto all’azione senza scrupoli di Agrippina, che aveva eliminato Claudio prima che potesse favorire il suo figlio legittimo Britannico nella successione al trono. Nel primo giorno di regno, quando un tribuno, secondo l’uso militare, gli chiese di stabilire la parola d’ordine, Nerone rispose: “Ottima madre” ¹.

20191013_013110
Ritratto di Nerone, proveniente da Olbia, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

Fu lo stesso Nerone a pronunciare l’elogio funebre di Claudio, con una elegante orazione sempre scritta da Seneca. Nerone, non essendo dotato di particolari doti oratorie, fu il primo principe ad aver bisogno di qualcuno che gli scrivesse i discorsi. Fin dalla fanciullezza, infatti, il vivace ingegno di Nerone fu attratto da tutt’altre attività, come l’arte del cesello, la pittura, il canto, i cavalli e la composizione di versi ². Proprio per questo motivo, Agrippina aveva voluto Seneca come precettore di suo figlio, sperando che, dai suoi insegnamenti, Nerone traesse giovamento. E, per qualche anno, fu effettivamente così…

 

NOTE

¹ Tacito (Annales, XIII, 2, 3)

² Tacito (Annales, XIII, 3, 3)

Morte di Claudio (13 ottobre 54 d.C.)

Alle prime ore del mattino del 13 Ottobre del 54 d.C., Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico moriva dopo aver ingerito, la sera prima, una portata di funghi avvelenati, in seguito ad una congiura di palazzo ordita da sua moglie Agrippina.

Agrippina aveva da tempo deciso di eliminare Claudio, per garantire la successione al trono a suo figlio Nerone, avuto dal primo marito Gneo Domizio Enobarbo; aspettava solo il momento giusto. Claudio infatti, negli ultimi tempi, era divenuto consapevole delle manovre di Agrippina, si era pentito di aver adottato Nerone e, ogni volta che incontrava il suo legittimo figlio Britannico lo ricopriva di affetto, meditando di cambiare il testamento per designarlo successore al trono imperiale, non appena avesse indossato la toga virile. Tuttavia, non ne ebbe il tempo.

20191013_004410
Claudio in nudità eroica, Museo del Louvre, Parigi

L’occasione attesa da Agrippina si presentò infatti quando Narcisso, il potente liberto di Claudio e protettore di Britannico, si ammalò di gotta e si recò a Sinuessa per riprendere le forze grazie al clima salubre e alle acque salutari del luogo. Narcisso era l’addetto ab epistulis, ruolo che gli dava il diritto di portare un pugnale alla cintura e, fino a quel momento, aveva attentamente fatto in modo che al suo padrone, grazie al quale aveva accumulato un patrimonio di quattrocento milioni di sesterzi, non succedesse nulla di male.

Agrippina, che aveva numerosi complici, tra cui il liberto Pallante, aveva deciso di uccidere Claudio con un veleno il cui effetto non fosse né troppo rapido, da rendere palese l’avvelenamento, né troppo lento, da consentire all’imperatore di rendersi conto del tradimento. Per avere il veleno, Agrippina si rivolse a Locusta, un’abile avvelenatrice che aveva già prestato il suo letale talento negli intrighi di corte. L’eunuco Aloto, che aveva l’incarico di portare le vivande ed assaggiarle per primo, fu incaricato di versare il veleno su dei funghi che piacevano molto a Claudio. Claudio non si accorse di nulla, perché annebbiato dal vino, che era una delle sue passioni, ma fu colto ben presto da conati di vomito. Per evitare che Claudio si liberasse così dal veleno che aveva ingerito, Agrippina ricorse anche alla complicità del medico Senofonte che, fingendo di aiutare Claudio a liberarsi lo stomaco, gli infilò in gola una penna intinta con un potente veleno. Per Claudio fu la fine; venne portato via dal banchetto su una lettiga, come se fosse ubriaco, e alle prime luci dell’alba morì nelle sue stanze senza riuscire a dire nulla, all’età di sessantatré anni, due mesi e tredici giorni, sotto il consolato  di Asinio Marcello e Acilio Aviola.

16781078052_29effc7eaa_b
Statua di Agrippina minore, madre di Nerone, proveniente da Ercolano, Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Il suo corpo venne avvolto in vesti e bende, mentre Agrippina, dopo aver fatto chiudere tutti gli ingressi, faceva diffondere voci che la salute di Claudio stava migliorando. Un espediente per guadagnare tempo, tranquillizzare Britannico, Antonia e Ottavia, i figli di Claudio, e preparare l’assunzione al potere di Nerone. Poche ore dopo, a metà giornata, le porte del palazzo si spalancarono e ne uscì Nerone, in compagnia del prefetto del pretorio Afranio Burro, per dirigersi nell’accampamento dei pretoriani ed essere acclamato imperatore: era il 13 ottobre del 54 d.C.

A Claudio furono decretati onori divini e gli fu celebrato un funerale simile a quello di Augusto. Il suo testamento, invece, non fu reso pubblico, perché il fatto di aver anteposto il figliastro Nerone al figlio Britannico avrebbe urtato la sensibilità del popolo, o perché Claudio lo aveva modificato, indicando Britannico come successore.

claudius
Particolare della statua dell’imperatore Claudio in veste di Giove (Museo Pio-Clementino, nei Musei Vaticani)

Che tutti sapessero che la morte di Claudio non fosse stata naturale, è testimoniato da una battuta ironica del fratello di Seneca, Lucio Giunio Gallione che, dopo la divinizzazione del defunto imperatore, disse che Claudio era stato innalzato fino al cielo con un uncino ¹, alludendo all’usanza dei carnefici, di trascinare attraverso il Foro con grossi uncini i cadaveri dei condannati a morte in carcere, prima di gettarli nel fiume.

Lo stesso Nerone, quando nel corso di un banchetto vennero portati dei funghi e un commensale disse che erano il cibo degli dèi, con un macabro senso dell’umorismo disse:

“È vero. Del resto mio padre è diventato un dio dopo aver mangiato un fungo! ²”.

La morte di Claudio travolse anche il liberto Narcisso, che, imprigionato, fu spinto al suicidio ³. Tuttavia, prima di morire, bruciò tutte le lettere di Claudio che contenevano informazioni contro Agrippina e altri personaggi, e che avrebbero potuto mettere in difficoltà i delatori ⁴.

5263065394_4520eedfec
Particolare della statua bronzea di Claudio in nudità eroica rinvenuta ad Ercolano (Museo Archeologico Nazionale di Napoli)

Molti furono i prodigi che preannunciarono la morte di Claudio: apparve in cielo una stella cometa, che fu visibile per molto tempo, il mausoleo di suo padre Druso fu colpito da un fulmine e quasi tutti i magistrati di quell’anno morirono ⁵.

Pare che neppure Claudio ignorasse che quelli fossero i suoi ultimi giorni di vita: nel nominare i consoli, non ne designò nessuno per i mesi che seguirono la sua morte e, inoltre, durante la sua ultima istruttoria, dall’alto del suo scranno disse:

“Sono giunto al termine della mia vita mortale”.

E mentre i presenti facevano gli scongiuri di rito, pronunciò la frase una seconda volta ⁶.

NOTE

¹ Dione Cassio (Storia Romana, LX, 35, 4)

² Pietro Patrizio (Excerpta Vaticana, 44)

³ Tacito (Annales, XIII, 1, 3)

⁴ Dione Cassio (Storia Romana, LX, 34, 5)

⁵ Svetonio (Vita di Claudio, XLVI)

⁶ Svetonio (Vita di Claudio, XLVI)

Una disavventura di Vespasiano

vespasian-portrait-1
Busto di Vespasiano, Musei Capitolini, Roma

Flavio Vespasiano nacque nella Sabina nel 9 d.C., da una famiglia di umili origini. Suo padre Flavio Sabino, era un esattore delle tasse di rango equestre; solo un fratello di sua madre Vespasia Polla era riuscito ad entrare in senato. Vespasiano venne allevato in campagna dalla nonna paterna, ed era una persona semplice e schietta, di gusti decisamente popolari. Il suo carattere umile ne favorì la carriera militare durante i regni di Caligola e Claudio. Vespasiano si distinse infatti nell’invasione della Britannia (43-44), rivestì il consolato nel 51 e ottenne il proconsolato d’Africa nel 63. Tuttavia, nel corso del principato di Nerone, la sua scarsa attitudine alle raffinatezze di corte gli procurò un divertente ma pericoloso incidente diplomatico, che rischiò di concludere anzitempo la sua carriera e del quale ci informa Svetonio (Vita di Vespasiano, 4). Nel 66 Nerone intraprese un viaggio fra le isole della sua amata Grecia, a bordo di una lussuosa galea, durante il quale era solito intrattenere gli ospiti con prestazioni artistiche di vario genere, e Vespasiano ebbe la sventura di fare parte del seguito dell’imperatore in Acaia; evidentemente un uomo d’azione come lui non era troppo interessato alle raffinate esibizioni artistiche di Nerone; infatti “mentre l’imperatore cantava, Vespasiano si allontanava troppo spesso o, se rimaneva ad ascoltare, si addormentava. Nerone, pertanto, grandemente offeso, gli aveva vietato di farsi vedere nel palazzo imperiale o nelle pubbliche udienze. Per questo motivo si ritirò in una vicina cittadina, fino a quando non gli venne offerto il governo provinciale ed il suo comando militare “. Fu così che, dopo un periodo di salutare allontanamento dalla vista del permaloso imperatore, nel febbraio del 67, Vespasiano rientrò nelle grazie di Nerone e venne inviato in Giudea come comandante delle truppe incaricate di reprimere la rivolta degli Ebrei, che stava assumendo proporzioni preoccupanti. I successi rapidamente conseguiti gli fornirono poi la spinta che l’avrebbe portato ad essere proclamato a sua volta imperatore il 1° luglio del 69.

Morte del poeta Anneo Lucano (30 aprile 65 d.C.)

Il 30 aprile del 65 d.C., moriva a Roma il poeta Marco Anneo Lucano. Lucano (39 – 65 d.C.) era figlio di Anneo Mela, fratello minore di Seneca; sua madre si chiamava Acilia, ed era figlia dell’oratore Acilio Lucano.

ddcfea8a-d611-423d-8750-bd39c2241b8f
Morte di Lucano, Josè Garnelo, 1887, Museo del Prado, Madrid

Nato a Cordova il 3 novembre del 39, Lucano fu portato a Roma dai genitori a soli otto mesi ed educato dai migliori maestri, tra cui lo stoico Lucio Anneo Cornuto, che era a capo di un circolo di nostalgici intellettuali repubblicani, e suo zio Seneca, tornato nel 49 dall’esilio in Corsica, dove lo aveva relegato l’imperatore Claudio; Agrippina voleva infatti che Seneca fosse il precettore di suo figlio Nerone. Nel frattempo, oltre a sposarsi con Polla Argentaria, il giovane Lucano dimostrò di avere un precoce talento letterario e Seneca lo introdusse alla corte di Nerone, di cui divenne amico. Nerone, da amante della poesia, aveva costituito un circolo letterario di cui Lucano entrò a far parte. Nel 60, a soli vent’anni Lucano fu insignito della questura da Nerone. Poi, in occasione dei Neronia, le competizioni quinquennali di poesia, musica, ginnastica ed equitazione istituite da Nerone, Lucano si aggiudicò il premio per un componimento di Lodi in onore del principe stesso.

In questo felice periodo, Lucano pubblicò e dedicò a Nerone i primi tre libri della Farsalia, il poema che narrava la guerra civile tra Cesare e Pompeo. Subito dopo il ritiro di Seneca a vita privata, nel 62, si verificò una insanabile rottura tra Nerone e Lucano, forse per la vena stoica e i toni repubblicani che il poema andava assumendo, oppure per motivi di rivalità artistica da parte del principe. Dione Cassio scrisse infatti che

Lucano ricevette il divieto di comporre poesia a causa del successo che riscuoteva la sua attività di poeta” ¹.

Svetonio invece diceva che Lucano si offese perché, mentre declamava i versi del suo poema, Nerone se ne andò dalla sala.

20190430_015421
Busto di Nerone, (54-59 d.C. circa) Museo Archeologico Nazionale di Olbia

Comunque si siano svolti i fatti, in seguito Lucano aderì alla congiura che faceva capo a Pisone, forse proprio per il risentimento che gli aveva provocato la condotta di Nerone, e ne fu uno dei più accesi sostenitori.

Secondo Tacito, alla partecipazione alla congiura

Lucano vi era spinto da ragioni personali, perché Nerone cercava di soffocare la gloria dei suoi poemi  e perché, incapace di rivaleggiare con lui, gli aveva vietato di farne sfoggio in pubblico” ².

Nel 65 la congiura fu purtroppo scoperta e Scevino, uno dei congiurati, denunciò Lucano, che venne imprigionato. Sottoposto ad interrogatorio, Lucano fece a sua volta i nomi di altri congiurati tra cui, anche se potrebbe trattarsi di una calunnia, quello di sua madre Acilia, che infatti non subì conseguenze. La confessione non fu sufficiente a salvargli la vita. Dopo che suo zio Seneca fu costretto al suicidio da Nerone, la stessa sorte toccò al giovane Lucano, che si tagliò le vene e morì declamando i versi di un suo poema.

Nerone diede poi l’ordine di uccidere Anneo Lucano. Questi, mentre il sangue gli fluiva dalle vene, quando s’accorse che il gelo si diffondeva nei piedi e nelle mani e che, a poco a poco, gli spiriti vitali abbandonavano le estremità, con piena lucidità di mente si rammentò un carme che egli aveva composto per rappresentare un soldato ferito che moriva come lui; recitò quei versi, che furono le sue ultime parole” ³.

Prima di morire, Lucano scrisse una lettera al padre affinché correggesse alcuni versi della Farsalia, che lasciava incompiuta. L’anno seguente, purtroppo, anche Anneo Mela, il padre di Lucano, cadde vittima della repressione neroniana, ma la Farsalia si salvò grazie all’opera di divulgazione clandestina che ne fece Polla Argentaria, la giovane vedova del poeta, e godette di uno straordinario successo già a partire dall’età Flavia.

NOTE

¹ Dione Cassio (Storia Romana, LXII, 29, 4)

² Tacito (Annales, XV, 49, 3)

³ Tacito (Annales, XV, 70, 1)

Sporo, il liberto che divenne imperatrice

20190310_004440
Ermafrodito dormiente, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo,  Roma

Nel 65 d.C., la seconda moglie di Nerone, Poppea Sabina, che attendeva un bambino, morì improvvisamente per una complicazione della gravidanza. Ci fu anche chi mise in giro la diceria che Nerone, in preda ad un accesso d’ira, avesse sferrato un violento calcio al ventre della donna, causandole un aborto spontaneo e la morte. Non sapremo mai la verità. Nerone sentiva però la mancanza di Sabina e cercò di colmare questo vuoto facendosi portare e tenendo presso di sé una donna che le somigliava. Un giorno, venne a sapere che un giovane liberto di nome Sporo aveva un viso straordinariamente simile a quello della sua defunta moglie. Nerone ordinò subito ai suoi chirurghi di castrare lo sventurato Sporo e gli diede anche il nome di Sabina, arrivando addirittura a sposarlo con un matrimonio in piena regola, con tanto di dote e contratto, e con Tigellino nella parte del padre della sposa.

20190310_005033
Statua di Ermafrodito, Antiquarium di Lucrezia Romana, Roma

Inoltre, affidò a Calvia Crispinilla, una nobildonna del suo seguito – la “magistra libidinum” di Nerone – l’incarico di provvedere a Sporo e di curare il suo vestiario. Il matrimonio fu celebrato durante il viaggio in Grecia del 67; i Greci festeggiarono sontuosamente le nozze, indirizzando agli sposi le consuete formule tradizionali di auguri e auspicando persino che gli dèi concedessero alla coppia la nascita di figli legittimi. Sporo, vestito e adornato da Augusta, seguì Nerone in lettiga per tutto il viaggio in Grecia; tornati a Roma, poi, Nerone lo conduceva con sé a passeggio, coprendolo di baci. Lo esibì anche al mercato dei Sigillaria, che derivava il suo nome dai “sigilla”, le statuine in terracotta che si scambiavano come doni durante i Saturnali, la festività durante la quale l’ordine sociale veniva rovesciato per alcuni giorni. Forse Nerone, eletto princeps Saturnalicius, il re dei Saturnali, voleva giocare un tragico scherzo, presentando come imperatrice un ragazzo trasformato in donna. Anche in questo caso, non sapremo mai come andarono veramente le cose.

cache_cache_194d8721736f745d388d69d112de08bc_9a0668dbb45d8a1fce5832f81ac3c376
Ermafrodito dormiente (particolare), Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo

Sappiamo che Sporo portava i capelli con la scriminatura, vestiva e si doveva comportare in tutto e per tutto come una donna. Nerone arrivò persino ad offrire grandi somme ed onori a chi fosse riuscito a trasformare Sporo in una donna a tutti gli effetti. Nel frattempo, però, Nerone aveva trovato nel 66 anche il tempo di sposare una sua amante, la nobildonna Statilia Messalina.
Alle calende di gennaio del 68, mentre Nerone prendeva gli auspici per l’anno nuovo, Sporo gli regalò un anello con una gemma su cui era inciso il ratto di Proserpina. La scena rappresentava Ade, il signore dell’oltretomba, che rapiva la fanciulla per farne la sua sposa. Un sinistro presagio che, per uno scherzo del destino, dispiegherà i suoi effetti in seguito.
Pochi mesi dopo, quando Nerone fu deposto dal Senato, in seguito alla ribellione di Galba, e si trovò ad essere abbandonato da tutti, compresa Statilia Messalina, fu Sporo, insieme ai liberti Faonte, Epafrodito e Neofito, che lo accompagnò nella sua fuga a cavallo da Roma, diretto verso la villetta di Faonte, al quarto miglio tra la via Salaria e la via Nomentana. Nella villetta, in preda della disperazione e certo di avere le ore contate, Nerone invitò Sporo a iniziare i pianti e le lamentazioni con cui celebrare il lutto come una moglie.

20190307_113851
Ermafrodito dormiente, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo

Nerone avrebbe voluto che anche Sporo si suicidasse con lui, ma il ragazzo non lo accontentò. A quel punto, Epafrodito o forse lo stesso Sporo, aiutò Nerone a conficcarsi un pugnale in gola. Subito dopo la morte di Nerone, Icelo, un liberto di Galba, concesse ai suoi familiari di cremarlo e seppellirlo con i dovuti onori. Per il suo funerale furono spesi ben duecentomila sesterzi. Alla presenza di Sporo e dei superstiti membri della casata imperiale, Nerone venne cremato avvolto nelle coperte bianche intessute d’oro che aveva utilizzato nelle cerimonie alle calende di gennaio. Sporo accompagnò anche le ceneri di Nerone nel suo ultimo viaggio verso il mausoleo dei Domizi sul Pincio, dove furono deposte in un sarcofago di porfido dalle sue vecchie nutrici Egloge ed Alessandria e dalla storica concubina Atte.

36632312_283182855560811_4183832719408496640_n
Statua di Ermafrodito, Musei Capitolini, Roma

Incredibilmente, anche dopo la morte di Nerone, avvenuta nel 68, Sporo continuò a recitare la parte di Sabina. Passò infatti sotto la protezione di Ninfidio Sabino, il prefetto del pretorio nominato da Nerone, che aspirava a diventare imperatore e si era anche spacciato per figlio illegittimo di Caligola. Ninfidio trattava Sporo come se fossero sposati e lo chiamava “Poppea”. Quando Ninfidio venne ucciso dai pretoriani mentre tentava di ribellarsi a Galba, Sporo scomparve per riapparire nei primi mesi del 69 insieme a Otone, appena succeduto a Galba. Otone aveva infatti una notevole familiarità con i personaggi della corte di Nerone ma, per sfortuna di Sporo, ebbe vita breve. La triste storia di Sporo si concluse sotto il nuovo imperatore Vitellio, nell’autunno del 69.

medicina-online-ermafrodita-ermafroditismo-pseudoermafroditismo-maschile-e-femminile-come-si-dice-significato-quali-organi-sessuali-fecondare-autofecondarsi-incinto-uomo-donna-gene
Ermafrodito dormiente, I sec a.C., dal giardino di Loreio Tiburtino, Pompei

Nella programmazione di uno spettacolo gladiatorio, i seguaci di Vitellio proposero che Sporo comparisse sulla scena interpretando la protagonista del ratto di Proserpina, in sostanza una fanciulla violentata. Sporo non sopportò l’idea di essere esposto al pubblico ludibrio e si uccise, poco più di un anno dopo la morte di Nerone, che era stato causa della sua rovina.