Il 28 ottobre del 312 d.C. si svolse la battaglia di Ponte Milvio, l’atto finale della campagna militare intrapresa da Costantino contro Massenzio. La scarsità delle fonti e la tendenza a riscrivere la storia nell’ottica dei vincitori hanno contribuito a rendere nebulosi i contorni di questa battaglia, sulla quale gli storici dibattono da decenni. Lo scontro fu reso inevitabile dalle mire egemoniche di Costantino sull’Occidente, che decise di entrare in l’Italia per affrontare Massenzio direttamente a Roma, città simbolo del potere imperiale.
All’inizio della primavera del 312, Costantino attraversò le Alpi con un esercito di circa quarantamila uomini, cogliendo impreparato Massenzio, che temeva invece un attacco di Licinio da Oriente. Conquistò facilmente la città di Segusio, che era difesa solo da una piccola guarnigione e si diresse verso Augusta Taurinorum (Torino), che era invece ben presidiata. Tuttavia, in battaglia l’esercito di Costantino ebbe la meglio su quello di avversario che, costretto alla fuga, fu massacrato sotto le mura della città. Costantino avanzò verso Mediolanum senza incontrare ostacoli e fu accolto trionfalmentein città. Massenzio aveva concentrato il grosso delle sue truppe nei pressi di Verona, al comando del prefetto del pretorio Ruricio Pompeiano, un comandante esperto e preparato che aveva con sé alcuni distaccamenti della Guardia Pretoriana e degli Equites Singulares Augusti. Pompeiano tentò di bloccare l’avanzata di Costantino da Mediolanum con un reparto di cavalleria, che fu però sconfitto presso Brixia (Brescia) e costretto a ripiegare su Verona, che fu cinta d’assedio. Pompeiano riuscì a sfondare le linee degli assedianti e a dirigersi verso Aquileia, dove Massenzio aveva lasciato una grande guarnigione a difesa dell’Italia nordorientale. Tornato a Verona con i rinforzi, Pompeiano ingaggiò una cruenta battaglia con l’esercito che assediava Verona, durante la quale perse la vita. Caduto Pompeiano, i suoi uomini si arresero a Costantino, che completò il successo costringendo alla resa anche Verona. Seguirono poi gli assedi e la conquista di Aquileia e Mutina (Modena); la strada verso Roma era spianata e Costantino avanzò inarrestabile lungo la via Flaminia.
Nel frattempo Massenzio, che aveva recentemente riconquistato le province d’Africa e di Sardegna, strappandole all’usurpatore Domizio Alessandro, dopo aver ristrutturato le mura aureliane, aveva fatto confluire a Roma enormi quantità di viveri, con cui avrebbe potuto sostenere un assedio per anni. Inoltre, per impedire a Costantino di oltrepassare il Tevere, erano state abbattute alcune arcate di ponte Milvio. Tuttavia, nel sesto anniversario (dies natalis) della sua acclamazione al soglio imperiale, avvenuta il 28 ottobre 306 ad opera dei pretoriani, invece di restare al sicuro entro le mura, Massenzio decise inaspettatamente di affrontare in campo aperto le truppe di Costantino nella piana di Tor di Quinto, attraversando il Tevere su un ponte di barche fatto costruire appositamente, poiché, quando ancora pensava di dover sostenere un assedio, aveva fatto tagliare alcune arcate di ponte Milvio.
Prima della battaglia decisiva, secondo il retore cristiano Lattanzio, Costantino avrebbe avuto una visione del dio cristiano che lo ammoniva di far apporre sullo scudo dei suoi soldati un signum, da taluni identificato con un cristogramma formato dalle lettere Chi-Rho (XP), ma la cui natura rimane ancora oscura. Secondo il vescovo Eusebio, invece, Costantino e il suo esercito videro in cielo, in pieno giorno, una croce fatta di luce con accanto la scritta “con questo vinci”, quando ancora erano in corso i preparativi della guerra contro Massenzio. Impossibile determinare quanto ci sia di vero in questi resoconti che, col passare degli anni, vennero amplificati dalla propaganda imperiale.
Dopo un primo scontro vittorioso nei pressi di Saxa Rubra, a nord di Roma, Costantino avanzò ancora verso l’Urbe. La disposizione tattica delle truppe di Massenzio era rischiosissima, per la presenza del Tevere alle spalle e l’assenza di vie di fuga, visto che ponte Milvio era stato reso inservibile. Lo scontro fu violentissimo ma di breve durata. Mentre i pretoriani e i legionari di Massenzio venivano circondati, pur resistendo all’assalto degli avversari, la cavalleria inviata in supporto e guidata dallo stesso Massenzio venne travolta e si diede a una fuga rovinosa. Incalzata dal nemico, per rientrare nell’Urbe si diresse verso il ponte di barche che non resse il peso. Molti cavalieri, tra cui Massenzio, caddero nel fiume e annegarono, gli altri vennero massacrati presso la riva. Il giorno dopo lo scontro, il cadavere di Massenzio venne ritrovato nel fiume e decapitato. La sua testa, infilata su una lancia, precedette Costantino nel suo ingresso trionfale a Roma, che aveva ora un nuovo padrone.
Alcuni anni fa, degli scavi archeologici sulle pendici del Palatino portarono alla scoperta delle insegne imperiali di Massenzio, accuratamente nascoste in una borsa di pelle, in una cavità sotterranea. Si trattava di due globi di vetro verde dorato e un’altra sfera in calcedonio, tutte riferibili a scettri, e di uno scettro con terminazione a fiore di otto petali che reggeva un globo verde scuro. Accanto erano state inoltre deposte armi da parata: tre lance, e quattro porta stendardi. Evidentemente, qualche seguace di Massenzio aveva provveduto a nasconderle perché non cadessero in mani nemiche, ma il destino volle che più nessuno riuscì a impugnare le insegne dell’ultimo imperatore pagano residente a Roma.