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La festa del Septimontium (11 dicembre)

L’11 dicembre si celebrava a Roma la festa del Septimontium, che coinvolgeva nei festeggiamenti gli abitanti dei sette montes (da non confondersi con i sette colli di Roma) che erano: Palatium, Cermalus e Velia (che formavano il Palatino), Fagutal, Oppius e Cispius (facenti parte dell’Esquilino) e Caelius (insieme a Subura). La festa risaliva a un’epoca molto antica, corrispondente alla prima espansione del centro urbano dal Palatino ai colli circostanti, quindi ad una fase intermedia tra il nucleo primitivo del villaggio e la città organizzata. In ognuno dei montes si celebravano sacrifici e riti differenti.

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Si discute ancora se il termine Septimontium derivi da Septem Montes, con riferimento ai sette colli del primo nucleo abitato della città, o da Saepti Montes, che significa colli divisi, mediante recinzioni o palizzate che proteggevano i primi nuclei abitati non ancora fusi a costituire un unico centro abitato.

Oltre ai sacrifici offerti dagli abitanti delle sette sommità, durante il Septimontium si svolgeva una processione che si snodava lungo determinate tappe: Palatium, Velia, Fagutal, Subura, Cermalus, Oppius, Caelius e Cispius. Nella giornata del Septimontium era inoltre proibito utilizzare carri trainati da bestie da soma ¹.

NOTE

¹ Plutarco (Questioni Romane, 69)

Equus October (15 ottobre)

In ottobre si chiudeva il periodo delle campagne belliche, che iniziava in primavera, a marzo. A questo proposito, il 15 del mese di ottobre, alle idi, si svolgeva a Roma una particolare e crudele cerimonia denominata Equus October, il Cavallo d’Ottobre, che affondava le sue radici nell’età regia, e aveva una notevole somiglianza con il rito dell’Aśvamedha, il sacrificio vedico del cavallo che si celebrava in India ¹. Nel Campo Marzio si svolgeva una corsa di bighe, trainate da una coppia di cavalli da guerra. Al termine della corsa, il cavallo del carro vincitore che era aggiogato a destra veniva sacrificato a Marte a colpi di giavellotto, alla presenza del Flamen Martialis. All’animale venivano poi tagliate la testa e la coda.

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Rilievo con corsa di bighe al Circo, III secolo d.C., Musei Vaticani

A quel punto, si apriva una contesa tra gli abitanti di due quartieri: da una parte quelli della Via Sacra e dall’altra quelli della Suburra, che lottavano senza esclusione di colpi per contendersi il possesso della testa. Se vincevano i primi, la testa veniva infissa come un trofeo sulle mura della Regia; se invece vincevano i secondi, era appesa alla Torre Mamilia. La testa del cavallo veniva adornata di pani, perché il sacrificio era simbolicamente effettuato in riconoscenza per la buona riuscita della mietitura passata, il cui frutto era stato immagazzinato e trasformato in pane.

Mentre si svolgeva la contesa per la testa del cavallo, la coda veniva portata di corsa alla Regia, in modo che, prima che si coagulasse, potessero ancora cadere delle gocce di sangue sul focolare.

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Si discute ancora molto sul significato di questo arcaico rituale. Come accadeva quasi sempre, per le feste che avevano origini molto risalenti nel tempo, i romani ad un certo punto della loro storia non comprendevano più il significato originario della cerimonia. Nei fatti, il rito dell’Equus October aveva a che fare sia con l’agricoltura che con la guerra, unificate nella figura di Marte, il cui flamine presiedeva allo svolgimento della cerimonia.

Il sacrificio di un cavallo da guerra è offerto in onore di Marte, che della guerra è il dio. Non deve ingannare la presenza del pane che richiama il buon esito del raccolto. Infatti, in epoca arcaica, la guerra era il mezzo che serviva a garantire la protezione dei campi dalle razzie dei nemici. Era quindi merito di Marte, nella sua funzione difensiva e guerriera, se il raccolto era andato a buon fine.

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Mosaico con cavallo, Museo del Bardo, Tunisi

Grande importanza aveva poi la figura del re; la lotta per il possesso della testa si svolgeva infatti in origine tra la squadra del re (gli uomini della via Sacra, accanto alla Regia) e un gruppo esterno (la gente della Suburra). Al termine della cerimonia, nella migliore delle ipotesi, sia la testa che la coda del cavallo d’ottobre sarebbero finiti nella Regia, a rinsaldare il rapporto tra il re e la funzione guerriera che garantiva la sopravvivenza di Roma.

NOTE

¹ Georges Dumézil (La religione romana arcaica, 2001, p. 205)