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Nascita di Orazio (8 dicembre 65 a.C.)

Quinto Orazio Flacco nacque a Venosa, al confine tra Lucania e Apulia, l’8 dicembre del 65 a.C.; Venosa era abitata da coloni romani della tribus Horatia, da cui Orazio prese probabilmente il nome gentilizio. Orazio lamenterà in seguito che i figli dei coloni romani trattavano con disprezzo la popolazione locale ¹, motivo per cui, il padre, che possedeva un piccolo appezzamento di terra ed era un liberto abbastanza facoltoso da potersi permettere un trasferimento a Roma, decise di tentare di migliorare la propria condizione sociale, recandosi nell’Urbe.

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Particolare del rilievo con possibile ritratto di Orazio (seconda metà del I secolo a.C.), Museum of Fine Arts, Boston

Mentre il padre si dedicava al mestiere di esattore nelle pubbliche vendite all’asta (coactor argentarius), il giovane Orazio venne mandato alla scuola del famoso Orbilio, un grammatico severo e manesco che lo costringeva a leggere l’Odissea tradotta in latino da Livio Andronico. Dopo gli studi di grammatica e retorica, come tutti i giovani di buona estrazione sociale, a vent’anni Orazio si recò ad Atene, in Grecia, per proseguire con la formazione filosofica. Ad Atene, Orazio venne soprattutto in contatto con i circoli di matrice stoica, e rimase anche coinvolto nella guerra civile successiva alla morte di Cesare, tra gli eserciti di Antonio e Ottaviano e quelli dei cesaricidi Bruto e Cassio.

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Rilievo con possibile ritratto di Orazio (seconda metà del I secolo a.C.), Museum of Fine Arts, Boston

Orazio scelse di servire nell’esercito di Bruto, dove raggiunse il grado di tribunus militum, e rimase travolto dalla sconfitta dei repubblicani a Filippi nel novembre del 42 a.C., dove si diede repentinamente alla fuga ².
Dopo la disfatta, ai superstiti dell’esercito repubblicano fu concessa l’amnistia. Orazio tornò in Italia, ma il padre era ormai morto e le sue proprietà erano state confiscate per ricompensare i veterani di Antonio e Ottaviano. Orazio avrà per tutta la vita parole di grande affetto e riconoscenza per il padre, per tutti i sacrifici che aveva fatto per dare al figlio un futuro migliore e per avergli fornito dei saldi principi morali.
Privo ormai di mezzi di sussistenza, il giovane Orazio, per guadagnarsi da vivere, si dovette procurare la carica di scriba quaestorius, uno scrivano addetto alla segreteria di un questore.

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Virgilio, Orazio e Vario a casa di Mecenate; Charles Francois Jalabert (1819-1901), Musee des Beaux-Arts, Nimes

Fu in questo periodo che Orazio aderì alla filosofia epicurea, tramite gli scritti di Filodemo e di Lucrezio; aveva anche già iniziato a comporre versi e iniziò a frequentare giovani poeti, tra cui Virgilio e Lucio Vario Rufo, che nel 38 a.C. lo presentarono a Mecenate, il potente consigliere di Augusto. Il rapporto con Mecenate costituì la grande svolta nella vita di Orazio. Mecenate era un uomo di vasta e raffinata cultura e con Orazio nacque ben presto un profondo e indissolubile legame di amicizia. Nel 37 Orazio accompagnò Mecenate a Brindisi per il rinnovo dell’accordo quinquennale tra Ottaviano e Antonio.

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Ritratto di Mecenate, Musei Capitolini, Roma

Nel 33 a.C. Mecenate regalò all’amico una villa nella Sabina, presso Mandela, dove Orazio si recava in estate per sottrarsi alla calura di Roma. Per il tramite dei buoni uffici di Mecenate, Orazio contribuì con le sue opere alla diffusione dei valori fondanti dell’ideologia augustea; volle però sempre mantenere la sua indipendenza e libertà, e pertanto rifiutò l’insistente invito di Augusto a diventare suo segretario per la corrispondenza privata. Nel 17 a.C., in occasione del Ludi Saeculares, Augusto incaricò Orazio di comporre il Carmen saeculare, che doveva essere cantato l’ultimo giorno delle cerimonie da un coro composto da ventisette fanciulle e ventisette ragazzi.

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Orazio; Adalbert von Roessler (1853 – 1922)

Col passare degli anni, Mecenate, malfermo di salute e ossessionato dal timore della morte, desiderava sempre di più la compagnia del piccolo e corpulento Orazio, e nel suo testamento raccomandò l’amico ad Augusto con queste parole:

Ricordati di Flacco come di me stesso”.

Orazio, dal canto suo, ricambiava questo affetto a tal punto da scrivere che, quando Mecenate fosse morto, lui l’avrebbe seguito poco dopo ³.

Quel giorno porterà la rovina a entrambi. Non ho pronunciato un giuramento mendace: andremo, andremo, in qualunque momento tu parta prima di me, pronti a compiere in compagnia l’estremo cammino” ⁴.

E così avvenne: il 27 novembre dell’8 a.C., solo due mesi dopo la morte di Mecenate, Orazio seguiva l’amico nel suo ultimo viaggio e venne sepolto accanto al suo tumulo, sul colle dell’Esquilino.

L’opera di Orazio ci è giunta praticamente integra e comprende quattro libri di Odi, un libro di Epodi, il Carmen Saeculare, due libri di Satire, due libri di Epistole e l’Ars Poetica.

NOTE

¹ Orazio (Satire, I, 6, 72)

² Orazio (Carmina, II, 7, vv. 9-14)

³ Orazio (Carmina, II, 17)

⁴ Orazio (Carmina, II, 17, vv. 8-12)

Morte di Orazio (27 novembre 8 a.C.)

Il 27 Novembre dell’anno 8 a.C. moriva Quinto Orazio Flacco, considerato uno dei maggiori poeti dell’età antica.

Quinto Orazio Flacco era nato a Venosa, al confine tra Lucania e Apulia, l’8 dicembre del 65 a.C.; Venosa era abitata da coloni romani della tribus Horatia, da cui Orazio prese probabilmente il nome gentilizio. Suo padre possedeva un piccolo appezzamento di terra ed era un liberto abbastanza facoltoso da potersi permettere di trasferirsi a Roma per tentare di migliorare la propria condizione sociale. Mentre il padre si dedicava al mestiere di esattore nelle pubbliche vendite all’asta (coactor argentarius), il giovane Orazio venne mandato alla scuola del famoso Orbilio, un grammatico severo e manesco che lo costringeva a leggere l’Odissea tradotta in latino da Livio Andronico. Dopo gli studi di grammatica e retorica, come tutti i giovani di buona estrazione sociale, a vent’anni Orazio si recò ad Atene, in Grecia, per proseguire con la formazione filosofica di matrice stoica, ma lì rimase coinvolto nella guerra civile successiva alla morte di Cesare, tra gli eserciti di Antonio e Ottaviano e quelli dei cesaricidi Bruto e Cassio.

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Rilievo con possibile ritratto di Orazio (seconda metà del I secolo a.C.), Museum of Fine Arts, Boston

Orazio scelse di servire nell’esercito di Bruto, dove raggiunse  il grado di tribunus militum, e rimase travolto dalla sconfitta dei repubblicani a Filippi nel novembre del 42 a.C., dove si diede alla fuga.

Dopo la disfatta, ai superstiti dell’esercito repubblicano fu concessa l’amnistia. Orazio tornò in Italia, ma il padre era ormai morto e le sue proprietà erano state confiscate per ricompensare i veterani di Antonio e Ottaviano. Orazio avrà per tutta la vita parole di grande affetto e riconoscenza per il padre, per tutti i sacrifici che aveva fatto per dare al figlio un futuro migliore.

Privo ormai di mezzi di sussistenza, il giovane Orazio, per guadagnarsi da vivere, si dovette procurare la carica di scriba quaestorius, uno scrivano addetto alla segreteria di un questore.

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Virgilio, Orazio e Vario a casa di Mecenate; Charles Francois Jalabert (1819-1901), Musee des Beaux-Arts, Nimes

Fu in questo periodo che Orazio aderì alla filosofia epicurea; aveva anche già iniziato a comporre versi e iniziò a frequentare giovani poeti, tra cui Virgilio e Lucio Vario Rufo, che nel 38 a.C. lo presentarono a Mecenate, il potente consigliere di Augusto. Il rapporto con Mecenate costituì la grande svolta nella vita di Orazio. Mecenate era un uomo di vasta e raffinata cultura e con Orazio nacque ben presto un profondo e indissolubile legame di amicizia. Nel 37 Orazio accompagnò Mecenate a Brindisi per il rinnovo dell’accordo quinquennale tra Ottaviano e Antonio.

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Ritratto di Mecenate, Musei Capitolini, Roma

Nel 33 a.C. Mecenate regalò all’amico una villa nella Sabina, presso Mandela, dove Orazio si recava in estate per sottrarsi alla calura di Roma. Per il tramite dei buoni uffici di Mecenate, Orazio contribuì con le sue opere alla diffusione dei valori fondanti dell’ideologia augustea ma, per mantenere la sua indipendenza e libertà, rifiutò sempre l’invito di Augusto a diventare suo segretario per la corrispondenza privata. Nel 17 a.C., in occasione del Ludi Saeculares, Augusto incaricò Orazio di comporre il Carmen saeculare, che doveva essere cantato l’ultimo giorno delle cerimonie da un coro composto da ventisette fanciulle e ventisette ragazzi.

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Orazio; Adalbert von Roessler (1853 – 1922)

Col passare degli anni, Mecenate, malfermo di salute e ossessionato dal timore della morte, desiderava sempre di più la compagnia del piccolo e corpulento Orazio, e nel suo testamento raccomandò l’amico ad Augusto con queste parole:

“Ricordati di Flacco come di me stesso”.

Orazio, dal canto suo, ricambiava questo affetto a tal punto da scrivere che,  quando Mecenate fosse morto, lui l’avrebbe seguito poco dopo ¹.

“Quel giorno porterà la rovina a entrambi. Non ho pronunciato un giuramento mendace: andremo, andremo, in qualunque momento tu parta prima di me, pronti a compiere in compagnia l’estremo cammino” ².

E così avvenne: il 27 novembre dell’8 a.C., solo due mesi dopo la morte di Mecenate, Orazio seguiva l’amico nel suo ultimo viaggio e venne sepolto accanto al suo tumulo, sul colle dell’Esquilino.

L’opera di Orazio ci è giunta praticamente integra e comprende quattro libri di Odi, un libro di Epodi, il Carmen Saeculare, due libri di Satire, due libri di Epistole e l’Ars Poetica.

NOTE

¹ Orazio (Carmina, II, 17)

² Orazio (Carmina, II, 17, vv. 8-12)

 

Nascita di Virgilio (15 ottobre 70 a.C.)

Il 15 ottobre del 70 a.C., sotto il consolato di Pompeo Magno e Licinio Crasso, nasceva ad Andes, un distretto rurale (pagus) della Gallia Cisalpina, nei pressi di Mantova, il poeta Publio Virgilio Marone, autore delle Bucoliche, delle Georgiche e dell’Eneide. Molto scarse sono le notizie sui suoi primi anni di vita. Proveniva da una famiglia di umili origini, che tuttavia aveva acquisito una certa agiatezza: il padre per alcuni era un vasaio, per altri un bracciante che, lavorando al servizio di Magio, un facoltoso mercante di cui sposò la figlia, avrebbe a poco a poco accresciuto le sue sostanze, allevando api e acquistando terreni; narra la leggenda che la madre lo partorì alle prime luci dell’alba, per strada, in un fossato. Aveva anche due fratelli, Silone e Flacco.

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Mosaico di Virgilio, Rhenish State Museum, Trier

Trascorse l’adolescenza a Cremona dove studiò grammatica e, a quindici anni, nel 55 a.C., indossò la toga virile, nuovamente sotto il consolato di Pompeo e Crasso, nello stesso giorno in cui moriva il poeta Lucrezio; si trasferì poi a Milano e infine a Roma, dove studiò retorica sotto la guida del famoso maestro Epidio, per coltivare l’arte dell’eloquenza, com’era consuetudine per i giovani delle famiglie benestanti. Ben presto, resosi conto di non essere portato per l’eloquenza, abbandonò la retorica e si recò a Napoli, presso la scuola del filosofo epicureo Sirone. Aveva ventotto anni quando iniziò a comporre le Bucoliche, che richiamarono su di lui l’attenzione di Mecenate, che lo volle nel suo circolo.

Morte di Virgilio (21 settembre 19 a.C.)

Il 21 settembre del 19 a.C., Publio Virgilio Marone, moriva a Brindisi. Virgilio (Publius Vergilius Maro) stava tornando da un soggiorno in Grecia, dove si era recato per completare l’Eneide; sulla via del ritorno, si era aggregato ad Augusto, che tornava da un viaggio in Oriente. Si era ammalato durante una visita a Megara, in Attica, e le sue condizioni si erano aggravate durante la navigazione. Fermatosi a Brindisi, la morte pose fine alla sua esistenza.

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Mosaico raffigurante Virgilio tra le Muse, III secolo d.C., proveniente da Hadrumetum, Museo del Bardo, Tunisi

Fu sepolto a Napoli, che era la sua località di soggiorno preferita e dove frequentava i circoli epicurei. Sul suo sepolcro, sulla via di Pozzuoli, venne incisa questa epigrafe con il suo epitaffio, che secondo la tradizione sarebbe stato dettato dal poeta stesso:

Mantova mi ha generato, la Puglia mi ha strappato la vita e ora sono sepolto a Napoli; ho cantato i pascoli, i campi, i condottieri

Nell’epitaffio, si ricordano le sue opere maggiori: le Bucoliche (i pascoli), le Georgiche (i campi) e l’Eneide (i condottieri).

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Virgilio legge l’Eneide ad Augusto ed Ottavia, Jean Auguste Dominique Ingres, 1811, Musée des Augustins

Nel testamento, lasciò eredi del suo patrimonio per metà Valerio Proculo, il fratello per parte di madre, per un quarto Augusto, per il resto Mecenate, Lucio Vario e Plozio Tucca. A Vario e Tucca affidò il manoscritto dell’Eneide, chiedendo che lo dessero alle fiamme perché il poema non era ancora completo. Augusto invece ne ordinò la pubblicazione, che fu curata da Vario e avvenne tra il 18 e il 17. Del resto, alcune parti del poema erano già state lette in pubblico, nella cerchia di Mecenate e alla corte di Augusto. Celebre l’episodio di Ottavia che svenne ascoltando i versi in memoria del figlio Marcello, morto prematuramente nel 23 a.C.

Virgilio era nato il 15 ottobre del 70 ad Andes, una località nei pressi di Mantova, identificata nel Medioevo con Piètole, ma senza attuali certezze.