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Battaglia di Gaugamela (1° ottobre 331 a.C.)

Nella pianura di Gaugamela, il 1° ottobre del 331 a.C. Alessandro Magno infliggeva una devastante sconfitta all’esercito di Dario, che era costretto a darsi alla fuga.

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Statua di Alessandro, Museo Archeologico di Istanbul

Dopo la battaglia di Isso (5 novembre del 333 a.C.), in cui Alessandro aveva catturato la madre, la moglie Statira e due figlie del Gran Re, Dario aveva avuto il tempo di riorganizzare il suo esercito, ed era intenzionato ad affrontare il sovrano macedone su un terreno vantaggioso e che ben conosceva. Due erano le possibili vie che Alessandro poteva seguire per raggiungere Babilonia: una più diretta e l’altra che invece si dirigeva prima verso nord per poi piegare al sud. Dario diede ordine al suo esperto satrapo Mazeo di rendere impraticabile la prima per spingere Alessandro a percorrere la seconda, al termine della quale lo avrebbe aspettato con tutto il suo esercito. Mazeo, con le sue truppe, portò a compimento il piano del suo re e poi tornò verso Babilonia, dove lo attendeva Dario.

Alessandro, dopo un’estenuante marcia, raggiunse il Tigri e lo attraversò senza incontrare resistenza. Il 20 settembre si verificò anche una eclissi di luna, ed Alessandro sacrificò al Sole, alla Luna e alla Terra che, come gli antichi ben sapevano, erano responsabili del fenomeno astronomico. Il 21 settembre Alessandro ripartì e, dopo altri tre giorni di marcia, all’alba del 25 l’esercito di Dario fu finalmente avvistato.

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Particolare  del mosaico di Alessandro, Museo Archeologico Nazionale di Napoli 

Alessandro, seguendo il saggio consiglio di Parmenione, ordinò di fermarsi e di allestire un campo circondato da un fossato e da una palizzata, in cui custodire le provviste e il suo seguito. L’esercito macedone restò altri quattro giorni nell’accampamento, affilando le armi e controllando l’equipaggiamento. Il 30 settembre, Alessandro prese con sé un gruppo di Eteri, la sua guardia personale, e si recò a ispezionare il campo di battaglia. Il giorno precedente, il macedone aveva per la prima volta provato un senso di timore: osservando dalla sommità  di una collina le linee nemiche, si era reso conto che l’esercito di Dario era sei volte più numeroso del suo e composto di contingenti inviati da tutte le regioni dell’impero. Dario aveva inoltre avuto tutto il tempo di far livellare il terreno per agevolare i suoi duecento terribili carri falcati e aveva fatto anche allestire trappole e palizzate per frenare le cariche della cavalleria macedone.

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Alessandro a cavallo, dal c.d. “sarcofago di Alessandro”, Museo Archeologico di Istanbul

Alessandro temeva solo che i Persiani, in virtù del loro numero, riuscissero ad aggirare lo schieramento macedone. Si premunì, allora, organizzando una lunga linea di fronte con la falange al centro e disponendo una seconda linea di rincalzi con il compito di attaccare i Persiani che avessero tentato di aggirare le ali dei Macedoni; inoltre, aveva posto a protezione delle ali i reparti di cavalleria. L’ala sinistra, come al solito, era al comando dell’esperto Parmenione, mentre Alessandro guidava quella destra.

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Quando poi gli eserciti furono vicini, e lo scontro era ormai imminente, Alessandro fece una mossa decisiva per l’esito della battaglia: iniziò ad avanzare diagonalmente sul suo lato destro, costringendo i Persiani ad avanzare in corrispondenza, estendendo il fronte sul loro lato sinistro ed indebolendo il centro, dove proprio Dario si trovava, circondato dai suoi Immortali, la guardia personale.

Alessandro aveva dato ordine alla falange di non contrastare l’attacco dei carri falcati, ma di aprirsi e scansarli, facendoli passare indisturbati per poi attaccare di lato i cavalli e gli aurighi. Con questa tattica, la falange macedone, con le lunghe e acuminate sarisse, ebbe la meglio sui conduttori dei carri falcati e sui cavalieri sciti e persiani, lanciati all’assalto da Dario.

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La falange macedone si scansa al passaggio dei carri falcati dei persiani

Quando la falange macedone penetrò il centro dello schieramento persiano, qualcuno riuscì a scagliare un giavellotto verso il carro di Dario, che mancò il Re dei Re ma centrò il suo cocchiere, che cadde al suolo. I Persiani ebbero un momento di sbandamento, credendo che a cadere fosse stato il loro re e, per lo scoramento, le loro linee cedettero. Dario, indeciso sul da farsi, si vide in grande pericolo e si diede alla fuga, gettando ancor più nel panico anche i suoi uomini. Iniziò allora una fuga di massa dei Persiani, con i Macedoni che li inseguivano e ne facevano strage.

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Alessandro fronteggia Dario sul suo carro

Alessandro si lanciò all’inseguimento di Dario in fuga con i cavalieri, ma dovette interrompersi per la richiesta di aiuto di Parmenione, la cui ala sinistra rischiava di essere travolta dai Persiani, che erano anche riusciti, nelle prime fasi dello scontro, a penetrare addirittura  nel campo macedone, dove si trovavano i bagagli e i prigionieri.

Dario riuscì a scampare all’inseguimento e, dopo aver raggiunto Arbela, che si trovava a un centinaio di chilometri dal campo di battaglia, si diresse verso la Media. Per Alessandro, invece, la strada verso Babilonia era spianata.

Le perdite macedoni furono limitate: mille cavalli e circa cinquecento uomini uccisi, oltre ai numerosi feriti, anche tra i comandanti; per i persiani fu una strage: anche se ovviamente mancano dati sicuri, lasciarono probabilmente sul campo circa quarantamila uomini, senza contare i prigionieri.